A fronte del dubbio insorto circa l’esistenza di un vuoto normativo innescato dalla sentenza della Consulta delloscorso aprile con cui si è aperta la possibilità di attuare la fecondazione eterologa, il presidente della Corte, Tesauro, ha affermato che “i centri di fecondazione assistita autorizzati possono praticare già ora l’eterologa, purché rispettino tutti quei paletti che la legge 40 ha fissato per la procreazione medicalmente assistita in generale e tutti i meccanismi di controllo pubblico previsti e magari talvolta insufficienti”, peraltro ammettendo che esiste un “punto di un certo rilievo” da regolamentare, quello del numero delle possibili donazioni di gameti. Conclusione a dir poco semplificatoria.
Sul piano storico, lo si deve riconoscere, la Corte si è espressa in termini categorici nel ritenere che la declaratoria di incostituzionalità non apre un vuoto normativo con riguardo al requisito dei profili soggettivi per accedere all’eterologa (coppia di persone di sesso diverso, ecc.), e ha in tal senso richiamato il vigente art. 5 della legge 40. Ma non altrettanta sicurezza ha dimostrato nel ritenere che non si aprano vuoti normativi sotto il profilo oggettivo.
La stessa ammissione di Tesauro con riguardo al “punto di un certo rilievo” privo di regolamentazione, suffraga d’altronde questa lettura. Spostiamo l’attenzione sul merito. La legge 40 è nata come disciplina improntata al radicale divieto di praticare la fecondazione eterologa, e cioè attuata con gameti estranei alla coppia; come disciplina improntata ad un’intrinseca e totale trasparenza, non essendo immaginabile, per ragioni connaturali alla fecondazione autologa stessa, l’anonimato; come disciplina caratterizzata da limiti procreativi evidenti, che coincidono con i limiti stessi che una coppia ha di mettere al mondo un numero (comunque) modesto di figli. L’eterologa al contrario sovverte, o è comunque idonea a sovvertire, in misura parziale o totale, tutti – nessuno escluso – i principi or ora sinteticamente esposti. Ne consegue che una pronunzia con cui ci si limita a scardinare un (non banale) impianto giuridico, introducendo al suo interno il contrario di ciò che quell’impianto prevedeva come essenziale, rende fisiologico il crearsi di un conflitto fra il sistema originario e la radicale negazione dello stesso.
Una tesi larghissimamente discutibile – quella della diretta praticabilità dell’eterologa – non può dunque essere risolta dall’interpretazione fornita in un’intervista. Pensiamo solo al fatto che la legge 40era fondata sul criterio, sopra accennato, dell’assoluta trasparenza del rapporto di maternità e di paternità: non esisteva cioè spazio per l’anonimato. Nell’innesto che si viene ad attuare fra la sentenza della Consulta e la legge 40, si crea o no, un vuoto di regolamentazione sul punto? La Corte ha risposto negando l’esistenza di un deficit normativo e richiamando le disposizioni vigenti in materia di vincolo parentale in caso di adozione, disposizioni che limitano sensibilmente la tracciabilità del rapporto genitoriale (art. 28 l. n.184/1983).
Eterologa e adozione presentano analogie ma anche differenze profonde. Un donatore di sperma può divenire padre genetico di numerossimi figli, con ciò moltiplicandosi in maniera devastante il rischio di incesti inconsapevoli e di trasmissione di patologie genetiche. Si può citare, fra le altre, la vicenda di Piero Frattari, donatore di seme, padre potenziale di seimila bambini (Donna moderna,12/7/1992); quella di un donatore anonimo che ha reiteratamente depositato in cliniche private di una città tutto sommato di modeste dimensioni come Bologna, importanti quantitativi di seme (Chiara Valentini, “La fecondazione proibita”); quella del donatore danese n. 7042, che ha avuto un centinaio di figli, tutti potenzialmente affetti da una grave patologia genetica (neurofibromatosi).
Date queste premesse, su quale fondamento è sostenibile che l’eterologa può essere immediatamente praticata? La necessità di regolare con norme dotate di adeguata efficacia preventiva/repressivala materia del numero delle donazioni; la materia della localizzazione geografica delle donazioni stesse; la necessità di sterilizzare, direttamente o indirettamente, i gravissimi rischi di un semi-anonimato anarchico, sono la miglior riprova del fatto che l’eterologa non può essere praticata, al momento, in assenza di una specifica disciplina. Né è coerente asserire – come fa Tesauro – che l’eterologa sarebbe immediatamente praticabile ma contestualmente riconoscere la carenza del sistema vigente con riguardo a un “punto di un certo rilievo”. Asserire che l’eterologa può essere praticata prima di regolare il “punto” stesso è una tesi inaccettabile.
L’analogia proposta dalla sentenza della Consulta fra adozione ed eterologa deve dunque essere interpretata solamente in senso generico, parziale e approssimativo. Pensiamo alla diatriba insorta circa la possibilità di selezionare le caratteristiche somatiche del donatore. Nell’adozione, che pure la Corte richiama come modello analogo a quello dell’eterologa, non è data la diretta possibilità alla coppia di scegliere l’aspetto somatico del bambino, mentre la maggioranza dei fautori dell’eterologa asserisce invece che tale opzione va riconosciuta in caso di fecondazione artificiale con gameti estranei alla coppia. Si dovrà allora aprire un dibattito su quali norme in tema di adozione o su quali norme concernenti altri settori del diritto siano analoghe e dunque applicabili all’eterologa. Questi argomenti, fra gli altri, dimostrano la sconcertante fragilità dell’opinione che vede la sentenza della Consulta come la panacea capace di rendere immediatamente possibile l’eterologa. L’eterologa, in realtà, demolisce le fondamenta del sistema configurato dalla legge 40, introducendo principi nuovi e opposti a quelli originari e non armonizzabili senza un intervento normativo. E chiunque, senza essere un giurista, può capire come in un contesto normativo che era integralmente permeato dal divieto di fecondazione eterologa non sia agevole reperire le norme necessarie per regolare l’eterologa stessa.
da: Il Foglio, 21/08/2014