Tratto da Cultura identità: in Opinioni Di Federico Cenci
L’Isola Tiberina è uno dei punti nascita più prolifici di Roma e non solo. Tra le antiche mura dell’ospedale Fatebenefratelli vengono alla luce ogni giorno tanti bambini. E ogni nascita, si sa, è un trionfo di gioia e di tenerezza. Purtroppo non ovunque è così. In diverse aree del pianeta avvengono parti che sono, di fatto, la tappa finale di un processo commerciale che relega il bambino a prodotto e la mamma a mera incubatrice. Del tema se n’è parlato proprio sull’isola del Tevere, ad Atreju, festa dei giovani di Fratelli d’Italia, nel corso della presentazione del libro della scrittrice Enrica Perucchietti “Utero in affitto” (ed. Revoluzione, 2016). Ospiti, insieme all’autrice, la giornalista de “La Verità” e “Panorama” Marianna Baroli, il giornalista Rai e presidente di “Lettera22” Paolo Corsini e il neurochirurgo e presidente del Family Day Massimo Gandolfini. Il dibattito è stato introdotto da Marcello Gemmato, deputato di FdI e segretario della commissione Affari Sociali della Camera, e moderato da Carolina Varchi, deputata e responsabile nazionale Famiglia e Vita di FdI.
Trovare spazi di dibattito su questo argomento è esercizio tutt’altro che agevole. Ne sa qualcosa la Perucchietti, la quale ha spiegato di essere stata vittima di insulti e minacce sulla rete per essersi occupata di questioni politicamente scorrette come le finalità dell’ideologia gender e, appunto, lo sfruttamento che è alla base dell’utero in affitto. Eppure, qualsiasi persona con un minimo di sensibilità dovrebbe insorgere dinnanzi al fatto che – ha spiegato l’autrice – “in Paesi del cosiddetto secondo mondo, ci sono cliniche dove le donne vengono equiparate a dei forni e fanno da madri surrogate in modo seriale”. Sensibilità che, al contrario, gran parte dei media e dell’opinione pubblica manifestano nei confronti degli animali. “Non strappiamo nemmeno i cuccioli di cane o gatto dalla mamma prima dello svezzamento, e invece accettiamo che ciò avvenga per i bambini”, la denuncia della scrittrice. Non solo, l’utero in affitto si trascina dietro anche l’eugenetica. “L’aspetto più abominevole – ha detto la Perucchietti – è che quando il bambino nel grembo presenta delle disabilità, viene anche rimandato indietro dai committenti esattamente come noi possiamo rimandare indietro un paio di scarpe che compriamo on-line”.
Business dell’utero in affitto che è stato oggetto di un’inchiesta di Marianna Baroli pubblicata su “Panorama”. Fingendosi donna interessata a diventare madre surrogata, si è rivolta a una clinica californiana ed ha potuto sviscerare, dal di dentro, il giro di soldi ma anche di richieste stravaganti che i committenti rivolgono. La realtà che ha fotografato è che l’utero in affitto ha due facce: quella delle donne povere che si riducono ad affittare il loro utero pur di sbarcare il lunario e quella di chi considera il figlio qualcosa che si può acquistare (a cifre tutt’altro che insignificanti, in America si discute dai 100mila dollari in su). La narrazione di questa realtà, tuttavia, difetta di un vocabolario fin troppo edulcorato. Come ha spiegato Paolo Corsini, esiste una vera e propria “guerra di parole”. Ad esempio – la sua riflessione – il concetto di “diritti civili” applicato a temi come l’utero in affitto “ci porta a vederli” con occhio benevolo. “Il problema – ha aggiunto – è che esiste un mainstream che continua a dominare il linguaggio comune dell’informazione”.
Le parole non possono però sopprimere la natura. Nel suo intervento, da medico, Gandolfini ha svelato il mistero della gravidanza, sottolineando il rapporto che fin dal concepimento si crea tra madre e figlio. Rapporto genetico, ma anche emotivo. Il presidente del Family Day ha spiegato che le emozioni della donna incinta vengono trasmesse al piccolo nell’utero e che, dopo la nascita, ha valore fondamentale per il piccolo restare con la mamma per completare appieno il suo sviluppo cognitivo. “Affermare – ha aggiunto – che per il bambino ciò che conta è solo l’amore, indipendentemente che abbia un padre o una madre, è stolto e ascientifico”, perché “il rapporto che la mamma ha con il figlio è unico, non può essere surrogato da nessuno, non si può cambiare un elemento biologico. E noi, come società civile – ha concluso – abbiamo il dovere di tutelare i bambini, che non possono diventare merce di scambio”.